Lo svago:

un dono di Dio

Pietro Bolognesi 26/07/25


1 Cor 4,7

Nella parabola del Figlio prodigo c’è un piccolo dettaglio (Lc. 15,25). C’è un nuovo clima nella relazione tra il padre e il figlio: dopo il disorientamento causato dal peccato, si sentono musica e danze. Quando la comunione è ritrovata, c’è la possibilità di scoprire questa dimensione. Così, in questo testo di 1 Corinzi, troviamo il senso della grazia. Lo svago non è possibile perché abbiamo messo da parte del tempo e del denaro. Noi non siamo qui perché abbiamo messo da parte tempo e denaro. Non è una nostra conquista. È un dono. Se l’idea dello svago rimane ancora nello svago di una conquista, vuol dire che la nostra comprensione dello svago è falsata. È Dio che desidera questa bene per la creatura, quindi non è quel che noi abbiamo raggiunto, è lui che vuole darci questo senso di dignità. Aiutarci a capire che possiamo andare al di là del nostro operare in quanto la nostra dignità è altrove rispetto alle nostre conquiste. L’anima della fede è fiducia in quello che Dio ha fatto. Quindi, siamo in un universo profondamente diverso da quello al quale siamo abituati. La fede non è segnata da ansia da prestazione, non è segnato dall’ansia pe raggiungere certi risultati. La fede è questo ritrovare il riposo, questa possibilità di sospendere tutto il nostro lavoro perché, in fondo, ci fidiamo di Dio. La prospettiva della fiducia nei confronti di Dio è il motore di tutto questo. Guai se dovessimo appoggiare lo svago sulle nostre capacità.

I credenti, spesso, vivono un senso di colpa davanti alla possibilità dello svago. L’idea di legittimazione di quel diritto determina il senso di colpa o meno. Così, talvolta si teme l’idea di svago perché sarebbe espressione di una eccessiva indulgenza rispetto a quanto si ha realizzato. Questo, in realtà, perché nella mente c’è l’idea del servizio al livello top. Quindi, se lo svago non va nella direzione del servizio allora ci si deve sentire in colpa.

Al contrario, Dio ha fatto un dono all’uomo per poterne gioire. È inutile vivere lo svago, così come lo stiamo qualificando, con il senso di colpa o con il senso di inadeguatezza. Lo svago è un dono che non abbiamo meritato. Come il lavoro richiama molto di più che un beneficio economico, così lo svago implica molto di più che l’inattività. Dentro lo svago che mi occupa trovo il senso di Dio, allora entriamo in un ordine di grandezza diversa. Per questo la Bibbia insiste nell’entrare nel riposo di Dio (Eb. 4,9).

Il catechismo di Ginevra (1545):

Cosa intendi per riposo spirituale?

È il fatto d’astenerci dalle nostre opere per lasciare che Dio compie le sue in noi.

In questa ottica, il riposo è il principio dell’azione. Il principio è: riposarsi, ossia delegare a Dio tutti i diritti, l’azione stessa. Quando consideriamo lo svago in questa ottica veniamo svuotati dei nostri diritti e delle nostre presunzioni e ci proiettiamo in ciò di cui abbiamo bisogno, ossia il Signore.

In questo modo, la nostra attenzione si sposta su Dio e non su noi che abbiamo meritato o conquistato quegli spazi per la nostra vita. Capiamo che il culto a Dio è la sorgente più feconda per pensare il riposo. È l’ancoraggio a Dio, il senso di dipendenza dalla sua grazia che ci mette in qualche modo in contatto con una vera comprensione dello svago. In questa grazia che ci viene fatta c’è tutta la possiblità di trovare l’energia per onorare Dio. Santificare il sabato significata trovare delle nuove enrgie per rinnovare il proprio impegno nel mondo di Dio. Così, quando noi rifocalizziamo la nostra vita come dipendendo privilegiata da Dio, allora troviamo anche la capacità di immaginare il nostro prossimo impegno.

Quando all’inizio abbiamo cercato una definizione dello svago e abbiamo fatto ricorso a queste griglie che potevano usare (lavoro, tempo, piacere), ci siamo resi conto che per quanto potessero offrire qualche spunto non erano abbastanza onnicomprensivi. Noi abbisogniamo di una trama più completa. In termini semplici, lo svago è una resa nei confronti di Dio. Si tratta di dire a noi stessi che non siam autosufficienti ma dipendiamo dalla grazia di Dio. In questo senso, c’è una forte affinità tra grazia e svago. Prendiamo le distanze dalle nostre opere e ci saziamo, ci riposiamo in quella e in quelle di Dio. Questo è quanto avviene al momento della salvezza, potremmo dire, ma noi sappiamo che la Bibbia ci proietta in questa ottica in maniera più ampia: in Cristo il riposo troverà la sua sostanza. Nel Signore noi potremo gioire in maniera permanente della relazione con Dio. Così, la mancanza di riposo è la diffidenza nei confronti di Dio.

In sintesi, lo svago, quello autentico, è qualche cosa che richiede la fede. Esso si fonda sulle capacità di Dio. Così, quando noi ci soffermiamo sull’ottica in parla, stiamo dicendo a Dio: “Noi accettiamo il tuo dono”. Non abbiamo il diritto di raggiungere un certo risultato grazie ai nostri sforzi. Noi ci fidiamo di te.

A seguito della ricezione di questo dono, troviamo delle energie per nuovi risultati (Amos 9,13). Il Messia è colui che legittima e autorizza la fede dei credenti. Nella visione biblica, il Messia rimette in moto una nuova umanità in quanto rappresenta il secondo Adamo. Quando noi smettiamo di essere ribelli a Dio, allora questo venir meno dell’ostilità abbonda anche nell’ambito della rico nciliazione. L’idea della fede che si riposa e che trova compimento nel Messia, non è semplicemente mistica, ma ci mette in contatto con un nuovo Adamo. La creatività produce anche questi risultati.

Lo svago è la piena realizzazione dell’uomo. Se voglio essere un uomo, lo posso a causa della grazia che mi è stata fatta in Gesù Cristo.